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L’associazione temporanea di imprese (cd. Ati), sotto il profilo fiscale, non si configura come soggetto giuridico autonomo e pertanto è illegittima la pretesa tributaria da parte dell’Amministrazione finanziaria nei suoi confronti.
È quanto ha stabilito la Sentenza n.3000/2017 della Commissione Tributaria Regionale della Calabria (clicca qui per scaricare) che ha ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate intendeva recuperare a tassazione, l’IVA per fatture non emesse da un’Associazione temporanea di imprese.
In linea generale, in tema di soggettività civilistica (e fiscale) dell’A.T.I., è più volte intervenuta anche la Corte di Cassazione (cfr. Corte di Cassazione, Sez. Trib., Sent. n. n. 6791 del 20 marzo 2009 e Sent. n. 1396 del 30 gennaio 2003), affermando che l’A.T.I. non può mai configurarsi come autonomo ed unitario soggetto giuridico.
L’Associazione di imprese, infatti, generalmente dà luogo ad una forma temporanea e occasionale di cooperazione che lascia salva l’autonomia operativa delle singole imprese associate.
Questa tipologia di aggregazione nasce, solitamente, per proporre un’offerta congiunta da parte di soggetti che rimangono distinti giuridicamente, ed il rapporto tra la Capogruppo e le imprese associate assume le caratteristiche di un «mandato collettivo con rappresentanza», ex art. 1726 del Codice Civile.
Tale mandato viene conferito da una o più imprese ad un’altra capogruppo che diventa legittimata a compiere, nei rapporti con la pubblica amministrazione, ogni attività giuridica connessa all’appalto e produttiva di effetti giuridici nei confronti delle imprese mandatarie, e fa salva l’autonomia negoziale delle parti riunite per la realizzazione dei lavori affidati a ciascuna di esse.
Pertanto, la scelta di una forma associativa di tal genere si fonda proprio sulla volontà delle parti di non voler costituire alcun nuovo autonomo soggetto, titolare di rapporti giuridici, economici e, conseguentemente, fiscali.
La Commissione tributaria regionale, nel caso di specie, estende il principio espresso nella sentenza anche all’ipotesi di imprese associate per l’esecuzione unitaria dei lavori in società consortile.
Anche in questo caso, secondo la Commissione, le imprese conservano la propria autonomia ai fini della gestione degli adempimenti fiscali e degli oneri sociali inerenti al contratto di appalto, pertanto “la società consortile, costituita tra imprese temporaneamente associate per l’esecuzione di un contratto di appalto di opere pubbliche, non è legittimata a presentare dichiarazione IVA concernente le operazioni imponibili connesse al contratto di appalto eseguito dalle imprese socie, né a chiedere a proprio nome il rimborso dell’Iva risultante a credito”.
Quest’ultimo profilo della sentenza appare alquanto innovativo in quanto viene precisato l’effetto della neutralità, ai fini IVA, dei corrispettivi che transitano in capo alla società consortile operativa.
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