Il TAR Bolzano, con la sentenza del 10 luglio 2023, n. 235, è intervenuto con un’importante pronuncia in tema di caro materiali, secondo cui il ritardo dell’amministrazione nell’evadere la richiesta del ricorrente non può comportare la limitazione dell’indennizzo da corrispondere qualora esso avrebbe potuto trovare copertura nell’adesione al fondo statale. In tale situazione, il comune è tenuto al pagamento dell’intero importo del risarcimento, indipendentemente dal fatto che i fondi disponibili nell’ambito della revisione del prezzo siano sufficienti o meno.
Anzitutto, è doveroso segnalare che la sentenza è stata pubblicata unicamente in lingua tedesca, e, in assenza di una versione italiana ufficiale, la traduzione è stata effettuata dagli uffici dell’ANCE.
Ciò premesso, si ricorda che, al fine di assorbire l’aumento straordinario dei prezzi dei materiali da costruzione verificatosi nel 2021, il legislatore, con il D.L. 73/2021, ha previsto un adeguamento straordinario dei prezzi per gli appalti pubblici eseguiti e contabilizzati, noto anche come “decreto sostegni bis”, per i contratti pubblici eseguiti e contabilizzati nel 2021 (contratti eseguiti e contabilizzati).
A tal proposito, ai sensi dell’articolo 1-septies, comma 1, del D.L. 73/2021, il MIMS provvedeva, entro il 31 ottobre 2021 e il 31 marzo 2022, ciascuno con proprio decreto, a censire i materiali da costruzione che hanno subito una variazione di prezzo superiore all’8%, per i quali era quindi possibile effettuare la compensazione.
Ai sensi del comma 3, la compensazione è calcolata applicando alle quantità di ciascun materiale, per le opere realizzate nel periodo gennaio-dicembre 2021, registrate dal Direttore dei lavori nel libretto delle misure, le variazioni di prezzo individuate nel decreto ministeriale.
Le richieste di compensazione dovevano essere presentate alla stazione appaltante entro 15 giorni dalla pubblicazione del decreto ministeriale, ai sensi dell’articolo 1-septies comma 4.
Per quanto riguarda i mezzi finanziari per la corresponsione dell’indennizzo per l’aumento del prezzo, il comma 6 prevede che le risorse da accantonare per imprevisti in ciascun contratto pubblico possono essere utilizzate a tal fine, fatti salvi gli importi relativi alle obbligazioni contrattuali già assunte, nonché le eventuali ulteriori somme a disposizione dell’amministrazione aggiudicatrice per il medesimo intervento, fino ad un massimo del 50%. Possono essere utilizzati anche gli importi derivanti da riduzioni di prezzo, a meno che le norme applicabili non prevedano un uso diverso, così come gli importi per le spese autorizzate provenienti da altri contratti già conclusi e ancora disponibili.
Se questi fondi non sono sufficienti, l’autorità aggiudicatrice può, ai sensi del comma 8, richiedere l’accesso a un fondo statale istituito a tale scopo.
Nel caso in esame, la ricorrente, il 23.5.2022, il ricorrente aveva presentato al Comune la relativa domanda di revisione dei prezzi per alcuni dei materiali da costruzione utilizzati, specificati nel decreto ministeriale.
A tale domanda, però, il Comune aveva risposto solo in data 29.11.2023, riconoscendo un adeguamento solo parziale dei prezzi dei materiali.
Il Comune poi, a seguito della contestazione delle modalità di calcolo dell’indennizzo da parte della ricorrente, aveva confermato l’importo parziale, e affermato che “in caso di contestazione del calcolo, anche i fondi disponibili dovranno essere ricalcolati. Poiché in caso di omissione del contributo provinciale potevano essere applicati solo i fondi propri del Comune, la società non avrebbe avuto diritto all’importo totale dell’indennizzo calcolato, ma solo alle somme disponibili in base alle disposizioni di legge. Se questi ammontassero a “0”, l’azienda non avrebbe diritto a nulla. Questa modalità di calcolo era stata esplicitamente indicata nella decisione già presentata”.
La ricorrente, quindi, aveva proposto ricorso, ritenendo illegittimo sia il rifiuto della revisione dei prezzi, che l’affermazione che il Comune fosse responsabile della compensazione dei prezzi solo nell’ambito dei propri fondi, lamentando:
Sul punto, il TAR ha innanzitutto constatato che “Le disposizioni statali relative alle compensazioni per aumenti eccezionali di alcuni materiali nei contratti di appalto lavori non attribuiscono una liberalità all’appaltatore, ma tendono a compensare il maggior costo dei materiale, per cui il relativo calcolo deve essere preso in considerazione al fine di attribuire il riconoscimento della compensazione”.
Inoltre, i giudici della sezione autonoma di Bolzano hanno chiarito che “il Comune è tenuto al pagamento di tale somma e non può invocare la propria responsabilità solo nei limiti delle risorse proprie accantonate ai sensi del comma 6 dell’art. 1-septies del “decreto sostegni bis” n. 73/2021”.
In effetti, il meccanismo di revisione prevede una rapida risoluzione della procedura di revisione dei prezzi, in modo che il periodo in cui le imprese devono sostenere l’intero onere finanziario degli aumenti fosse il più breve possibile. Ciò, spiegano i giudici “si deduce dai tempi stretti stabiliti, che prevedono che le domande di revisione dei prezzi debbano essere presentate entro 15 giorni dalla pubblicazione del decreto ministeriale (art. 1-septies comma 4) e che l’amministrazione aggiudicatrice possa richiedere i contributi del Fondo statale entro 45 giorni dalla pubblicazione del decreto ministeriale (art. 2 D.M. n. 84/2022)”.
Nel caso in esame, la domanda di revisione dei prezzi era stata presentata al Comune in tempo utile, entro il termine di 15 giorni dalla pubblicazione del Decreto Ministeriale n. 84 del 4.4.2022. Al fine di applicare correttamente il “decreto sostegni bis”, “il Comune avrebbe dovuto controllare la domanda subito dopo averla ricevuta. Il responsabile del procedimento avrebbe dovuto verificare preventivamente l’ammissibilità della richiesta, dopodiché il direttore dei lavori avrebbe dovuto calcolare l’indennizzo sulla base delle quantità di materiale registrate nel libretto delle misure, secondo la circolare del Ministero delle Infrastrutture del 25.11.2021”.
In base al principio di leale collaborazione, inoltre, “il responsabile del procedimento avrebbe dovuto informare il ricorrente dell’importo dell’indennizzo calcolato dal direttore dei lavori – prima che venisse presa la decisione. In questo modo, il Comune avrebbe ricevuto un riscontro immediato e avrebbe potuto chiarire subito eventuali discrepanze. Inoltre, il responsabile della procedura sarebbe stato in grado di valutare meglio se i fondi propri erano sufficienti per pagare il risarcimento. Nel caso opposto, il Comune avrebbe avuto tempo fino al 27.6.2022, alle 14.00, per richiedere una sovvenzione dal fondo statale”.
Nel caso in questione, tuttavia, il Comune ha trattato la domanda del ricorrente ben 6 mesi dopo aver ricevuto la domanda di revisione, quando il termine per aderire al fondo statale era già passato da tempo. Secondo il TAR, quindi, il Comune “non può invocare il fatto che il richiedente abbia diritto al pagamento dell’importo dell’indennizzo solo nei limiti dei fondi previsti dalla D.L. n. 73/2021 e che, se l’indennizzo dovuto supera tale importo, debba accettare una detrazione”.
La responsabilità nei limiti dei mezzi previsti dalla legge, infatti, “si applica solo se la stazione appaltante ha esaurito completamente i mezzi disponibili, cosa che non è avvenuta nel caso in questione”.
L’argomentazione della difesa dell’amministrazione, secondo cui il Comune disponeva dei fondi propri necessari per coprire l’importo calcolato dal direttore dei lavori, motivo per cui, sulla base del calcolo effettuato dal direttore dei lavori, non avrebbe avuto né la necessità né il diritto di accedere al fondo di perequazione statale, secondo il TAR “non è nemmeno convincente alla luce del fatto che il termine per la richiesta dei fondi statali è scaduto il 27 giugno 2022 e la conclusione della procedura di revisione dei prezzi da parte del Comune è avvenuta solo alla fine di novembre 2022, e rappresenta probabilmente un inutile tentativo di giustificare l’azione tardiva dell’amministrazione”.
Di conseguenza, concludono i giudici, “il Comune è responsabile del pagamento dell’intero importo del risarcimento, indipendentemente dal fatto che i fondi disponibili nell’ambito della revisione dei prezzi siano sufficienti o meno”.
Si tratta di un’importante pronuncia, poiché sancisce la responsabilità finale dell’amministrazione, nei casi in cui l’insufficienza di fondi nel quadro economico sia dipesa dal mancato rispetto dei tempi procedimentali previsi per l’accesso al fondo statale.