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Nei beni culturali gli esecutori delle opere possono essere i soli consorziati che siano in possesso (in proprio) delle qualificazioni richieste dalla lex specialis per l’esecuzione dei lavori oggetto di affidamento.
Ciò in deroga al principio generale del c.d. “cumulo alla rinfusa”, applicabile ai lavori ai servizi alle forniture, secondo cui il Consorzio Stabile può indicare in sede di offerta qualsiasi impresa (Consorziata) esecutrice dei lavori, anche non in possesso di tale qualificazione (cfr. sull’applicabilità del principio ai servizi si vedano Cons. di Stato, sez. V, 17 settembre 2018, n. 5427, Cons. Stato, Sez. VI, 10 maggio 2013, n. 2563, seguita, inter alia, da Id.., Sez. III, 25 febbraio 2014, n. 895 e, ancora da ultimo, da Id., Sez. V, 23 febbraio 2017, n. 849 nonché Delibera ANAC n. 33 del 10 gennaio 2018).
Infatti, secondo un recente orientamento, tale principio trova una limitazione nell’art. 146 del D.Lgs. 50/2016, il Codice dei contratti, laddove rimanda ad una specifica qualificazione per l’esecuzione di lavori sui beni culturali.
Tale limitazione – che indirettamente incide sull’utilità stessa del Consorzio – riguarda le categorie OG2, OS2-A, OS2-B e OS25, indipendentemente dal fatto che il bando di gara o la lettera d’invito stabilisca espressamente tale onere (cfr. TAR Campania, Napoli, Sez. VI, sent. n. 3795 del 7 giugno 2018 in linea con TAR Puglia, Bari, sez. II, decreto cautelare n. 77 del 22 febbraio 2018 e TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, decreto cautelare n. 121 del 1° giungo 2018).
La particolarità di tale orientamento sta nel fatto che la sua origine è da ricercare nella delibera ANAC n. 1239 del 6 dicembre 2017 annullata con sentenza n. 483 del 24 aprile 2018 dal TAR Piemonte, Torino, Sez. II a sua volta impugnata presso il Consiglio di Stato.
A distanza di otto mesi dalla sentenza di primo grado il Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza 16 gennaio 2019, n. 403 ha aderito all’orientamento dell’ANAC.
La pronuncia dell’A.N.A.C. sul quale si era fondato il provvedimento, che ha ritenuto derogata nel settore dei beni culturali la disciplina in tema di qualificazione dei consorzi per l’affidamento dei lavori pubblici, pervenendo ad un’interpretazione dell’art. 146 del d.lgs. n. 50 del 2016, con il corollario della non applicabilità del principio del cumulo alla rinfusa anche nella materia de qua.
A tale proposito, il Consiglio di Stato ha chiarito che «non è in discussione la generale operatività del “cumulo alla rinfusa” per i consorzi stabili di cui all’art. 45, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, che, quindi, ferma restando la possibilità di qualificarsi con i requisiti posseduti in proprio e direttamente, possono ricorrere anche alla sommatoria dei requisiti posseduti dalle singole imprese partecipanti, come chiarito ormai dall’art. 47, comma 2, dello stesso codice dei contratti pubblici (così Cons. Stato, V, 27 agosto 2018, n. 5057)».
Il “cumulo alla rinfusa” non opera nella materia dei contratti nel settore di beni culturali, «caratterizzati da una particolare delicatezza derivante dalla necessità di tutela dei medesimi, in quanto beni testimonianza avente valore di civiltà, espressione di un interesse altior nella gerarchia dei valori in giuoco (art. 9 Cost.)».
L’esegesi sia letterale, che funzionale, dell’art. 146, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 induce la Sezione ad escludere che nei contratti in materia di beni culturali i consorzi stabili possano qualificarsi con il cumulo alla rinfusa, essendo richiesto dalla norma il possesso di requisiti di qualificazione specifici ed adeguati ad assicurare la tutela del bene oggetto di intervento.
Secondo il Consiglio di Stato, ne derivava altresì la legittimità dell’esclusione dalla procedura negoziata del Consorzio, in quanto le imprese consorziate designate per l’esecuzione erano pacificamente prive della qualificazione in OG2, a nulla rilevando il possesso dei medesimi da parte del Consorzio.
Per completezza si ricorda quanto già osservato in merito dal Consiglio di Stato. «anche se l’apprestamento normativo del tutto privo di incertezze non lo richiederebbe, che un’eventuale applicazione del cumulo alla rinfusa per i consorzi stabili anche nel campo degli interventi di beni oggetto di vincolo artistico avrebbe comunque la conseguenza della responsabilità solidale del consorzio stabile a fronte di lavori non eseguiti a regola d’arte da componenti del consorzio non qualificati: ma l’interesse pubblico reale nel campo resta principalmente quello interventi di restauro e manutenzione portata a termine nel pieno soddisfacimento dell’interesse tutelato e non tanto quello successivo di un risarcimento per un adempimento dannoso o incompleto» (Cons. Stato, sez. V, 26 ottobre 2019, n. 6114)
Una soluzione già in larga parte anticipata dai TAR, che in ultimo hanno affermato che un’impresa esecutrice di lavori sui beni culturali all’interno di un Consorzio potrà “spenderli” come requisito esclusivamente proprio. Infatti, la ratio cui è ispirata la disposizione di cui all’art. 146 d.lgs. n. 50/2016 risiede nell’esigenza di tutela dei beni culturali, che impone un collegamento diretto tra il possesso della qualificazione richiesta e l’esecuzione dei lavori, ciò al fine di evitare che l’intervento sui beni culturali sia effettuato da soggetti non qualificati (Tar Bari, sez. I, 20 dicembre 2018, n. 1664).
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